Il ciclismo è uno sport che sta spopolando sempre di più tra i giovani, ma sono le persone di una certa età quelle che lo praticano con assiduità.
Fra i tanti problemi legati al passare degli anni, per l'uomo, si devono mettere in preventivo anche i problemi legati alla prostata(a partire dai 40 anni). I pareri sulla pratica dell'attività ciclistica per chi soffre di prostata sono spesso discordi.
Molti medici generici e molti urologi ritengono che la pratica sia sconsigliata a causa del sellino, che comprime la zona dove è situata la prostata. Molti discutono anche dell'influenza del ciclismo sulla funzione stessa degli organi genitali, ritenendo che possa causare impotenza e/o sterilità. Purtroppo, non esiste molta cultura sportiva, anche nella classe medica, e per molti è difficile capire come proibire un'attività sportiva, l'attività fisica più amata, sia invalidante, specie da un punto di vista psicologico.
Fare sport sicuramente fa bene, ma molti medici pensano che quando uno sport può essere lontanamente causa anche solo di un aggravamento di una malattia, è meglio sconsigliarlo, trattandosi di un'attività ludica di cui, tra virgolette, si può fare tranquillamente a meno. Anche se questo lo sostiene, soprattutto, chi non vive lo sport, e in particolare il ciclismo, in prima persona.
I problemi ciclistici, più che a livello prostatico, si ripercuotono sulla zona perineale. Possiamo considerare due differenti tipologie di problemi: quelli cutanei, legati allo sfregamento, e quelli compressivi, che interessano le strutture profonde di questa zona. La compressione, in genere, interessa i vasi e i nervi che transitano in questa zona, vale a dire vasi e nervi diretti ai genitali. La compressione cronica di queste strutture, per anni e per ore consecutive, può, effettivamente, causare disturbi a carico dei genitali.
Vanno quindi presi in considerazione i segni temporanei come l'addormentamento dei genitali, i formicolii in questa sede e i disturbi a urinare. Sono disturbi che compaiono durante l'attività e che regrediscono spontaneamente variando la posizione in sella o alzandosi per qualche attimo sui pedali. Il perdurare durante l'attività o il persistere al termine della stessa, sono sicuramente sintomi da tenere sotto controllo. Per quanto riguarda la prostata in sé, l'attività ciclistica non dovrebbe entrare direttamente in causa. Una prostata sana, di dimensioni normali, non risente della posizione in sella. Diverso il discorso in caso di patologie e di dimensioni aumentate soprattutto quando ci troviamo di fronte a sintomi riferibili ad infiammazione dell'organo acuta, subacuta o cronica: la prostatite. In questi casi l'attività ciclistica deve essere sospesa fino a guarigione avvenuta, ascoltando e rispettando quanto consigliato dal medico e dallo specialista.
Per quanto riguarda l'ipertrofia della prostata e l'aumento delle sue dimensioni, continuare o no l'attività ciclistica deve essere una decisione ben valutata. Sicuramente si dovrà intervenire sulla posizione in sella e sulla sella stessa.
Posizione sulla sella.
Se si è correttamente seduti sulla sella o, meglio, se la sella è adatta, si appoggiano su di essa quelle due protuberanze ossee del bacino, tuberosità ischiatiche, che possiamo palpare a livello dei glutei, lateralmente al perineo. La zona perineale dovrebbe solo toccare la sella, sfiorarla, senza appoggiarsi con tutto il peso, dato che si trova più in profondità rispetto alle due tuberosità.
Quindi, se tutto è corretto, la zona perineale non deve venire compressa. I problemi sono quindi la morfologia e le dimensioni della sella, che devono essere adatte alla nostra anatomia. La distanza fra le due tuberosità ischiatiche non è identica in tutti gli individui. Questo fa sì che non tutte le selle siano adatte allo stesso atleta. In particolare, la larghezza deve essere tale per cui le tuberosità si appoggino bene su di essa e la parte più stretta della sella non si incunei fra di esse, comprimendo il perineo.
La sella, poi, deve essere posizionata a misura, in modo tale che sia più parallela possibile al terreno, così che la punta non sia volta né verso l'alto né verso il basso. Nel primo caso, infatti, può comprimere eccessivamente e, nel secondo, si rischia di tendere a scivolare in avanti, aumentando lo sfregamento e obbligando la muscolatura della schiena a un eccessivo lavoro. Comprime eccessivamente il perineo anche chi tende a stare seduto sulla punta della sella.
Tipologia di sella.
La sella ideale non esiste. Ogni sella può essere ideale solo se ben si adatta alla conformazione personale.
Per chi soffre, quindi, dei problemi di cui abbiamo parlato, la scelta può essere complicata, per il numero di selle da acquistare e fra le quali poter scegliere, con il rischio, poi, di scartarle. Purtroppo, in questo caso, non esistono consigli da dare, ma solo l'uso. Provare la sella prima di acquistarla è l'unico metodo che può guidare alla scelta più idonea alla propria conformazione.
Sicuramente, una sella già da subito deve risultare confortevole. Attenzione, però, alla sua morbidezza, che può trarre in errore: infatti, una sella morbida, eccessivamente imbottita, può causare compressione, dovuta all'imbottitura stessa, pur risultando molto confortevole a un primo impatto. I problemi si evidenziano, quasi sempre, dopo almeno un'ora di pedalata e su terreni o con impegni che obbligano a posizioni stabili protratte. Inutile dire che, in questo caso, estetica e leggerezza devono subito essere messe da parte.
La sella deve essere rigida, indeformabile, dura, e la sua forma e le sue dimensioni devono adattarsi alla conformazione personale. Esistono numerose selle ideate e costruite per chi ha problemi di prostata, ma anche in questo caso non è detto che la sella si adatti alla propria conformazione.
Il disegno di queste selle si basa sull'anatomia e sono concepite per evitare compressioni, ma le soluzioni sono diverse e i tipi diversi. Insistiamo, quindi, con il consigliare ognuno a trovare la soluzione che meglio si adatta alle proprie esigenze e alla propria struttura.
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